Spesso penso di non farcela, mi sento sopraffatta. La vita corre, io la inseguo, non la padroneggio. Vorrei uscire, divertirmi, coltivare tutti i miei passatempi preferiti, ma ho paura di non farcela. Mi sento sempre in ritardo rispetto al mondo, vado avanti ma non so verso dove. Poi faccio un grande respiro, mi dico che in un modo o nell’altro posso farcela. Ho già dimostrato a me stessa di esserne capace, devo solo gestire lo stress, però non ci riesco, sento di essere fuori luogo. 

L’altro giorno parlavo con un amico, anche lui si sentiva così; mi ha detto che questa non è la sua epoca. Lui lavora per un famoso negozio di vestiti, uno di quelli fast fashion, e mi diceva che esce da lavoro spento, senza energie, privo di creatività e libertà. Torna a casa ed è troppo sfinito per dedicare del tempo ai suoi hobby e per questo non riesce a sentirsi pienamente umano, piuttosto una macchina. 

Ho riflettuto molto sulle sue parole, poi, per un esame dell’università, mi sono imbattuta in Seneca, filosofo stoico, che quasi duemila anni fa scriveva che l’ozio è fondamentale per l’essere umano.  

Non dobbiamo fraintendere: il termine “ozio” oggi ha una connotazione negativa, viene spesso associato alla pigrizia e ad una perdita di tempo, specialmente alla luce di una società capitalista improntata sulla produzione e l’efficienza. Seneca, invece, per otium intendeva uno spazio dedicato alla contemplazione della natura, necessaria al fine dell’agire. Anzi, sostiene che proprio la natura genera gli esseri umani sia per l’azione che la contemplazione: sono due attività umane, complementari e necessarie per vivere a pieno la vita. L’essere umano è nato per essere partecipe della società, per lavorare insomma, ma al tempo stesso per conoscere sé stesso e ciò che lo circonda, vale a dire per oziare. Seneca parla dell’importanza della conoscenza della propria interiorità e dell’universo, della fisica, della filosofia e delle scienze in generale, in modo da comprendere come funziona il mondo e applicare questa conoscenza nella vita quotidiana. Mi ha colpito l’importanza che i romani davano al negotium (lavoro) tanto quanto all’otium, attività imprescindibili dell’essere umano. Ma, riflettevo, oggi quanti, dopo lavoro, riescono a dedicare del tempo allo studio? All’approfondimento di temi che gli sono a cuore? Oggi c’è spazio e tempo per essere curiosi? E, soprattutto, c’è spazio e tempo per sfamare la nostra curiosità? Effettivamente, pensavo, noi non siamo solo delle macchine fatte per lavorare, ma siamo nati per fare attività fisica, leggere, creare arte, ballare, cantare, ridere, piangere: tutte attività umane, troppo umane direbbe forse qualcuno; non siamo mica intelligenze artificiali, dico io. “Esseri umani” vuol dire anche essere curiosi di conoscere, di scoprire, vuol dire esprimere emozioni, far sviluppare il nostro intelletto, eppure oggi sembra quasi difficile essere umani. 

Seneca prosegue, poi, dicendo che colui che si dedica all’otium comprende di essere parte di una natura, ossia di essere sotto un progetto universale più grande di cui percepisce e comprende ciò che le nostre facoltà permettono. Natura è la totalità di cui facciamo parte. Dedicare così del tempo alla sua comprensione, studiando le scienze e ascoltando le nostre interiorità, ci permette di condurre una vita felice, sicura, libera. Allora, ho immaginato il mondo di Seneca: lo vedo pensare passeggiando per una città piena di verde, silenziosa, lenta, umana. Percepisco la sua natura, il suo mondo, ma mi sembrano lontani. Al che ho pensato: “ma di quale natura parla?” .

Oggi non solo la maggior parte di noi non riesce a dedicare del tempo all’otium, ma, se ci guardiamo intorno, qual è la natura che possiamo contemplare? Dov’è il verde? Non sento il profumo dei fiori, piuttosto l’odore della benzina, non vedo la luce delle stelle, ma inquinamento luminoso, non vedo il verde dei prati, ma il grigio dell’asfalto. Vedo l’intervento umano, non la natura, ma perché? 

Probabilmente la risposta risiede nel cambio radicale della concezione della natura da parte dell’uomo nel corso dei secoli, specialmente negli ultimi due secoli in cui lo sviluppo tecnologico ha apportato enormi trasformazioni, sia a livello sociale che ambientale. Per una migliore comprensione del mondo attuale, a livello filosofico, è interessante e, personalmente condivisibile, l’analisi che Heidegger propone del rapporto dell’uomo con la natura nel corso della storia. In particolare, l’Età moderna, secondo il filosofo tedesco, è frutto della presa di posizione dell’uomo nel mondo. L’essere umano non è più una parte di una natura più grande di lui, come invece diceva prima Seneca, non è più un essere soggetto al giudizio divino, come magari si sentivano gli uomini nel Medioevo, ma è padrone di sé e della natura, è al centro del mondo e lo governa. L’essente nella sua totalità (o natura se vogliamo parlare in termini senecani) viene ora visto come tale solo in quanto dominato dall’uomo. L’essente è ciò che l’uomo conosce, ciò su cui l’uomo è informato. L’uomo, nell’Età moderna, ha preso le redini della natura e la determina in base a ciò che egli stesso riesce a conoscere. 

Possiamo, quindi, avvertire un capovolgimento dei ruoli: in età antica l’uomo era sotto il dominio di una forza più grande, di una razionalità che determinava il tutto e di cui l’uomo comprendeva solo una parte. Oggi è il contrario: l’uomo è al centro, non c’è un qualcosa di cui non possa non avere controllo. Se prima la natura era madre e matrigna ed eravamo sotto la sua volontà, deboli in confronto alla sua forza, oggi è l’uomo che domina; è l’uomo, padre e patrigno, a cui sottostiamo: crea e distrugge, domina e fa la guerra, irrefrenabile. 

Ma è bello vivere così? Stiamo meglio oggi? Non so, a me viene spesso mal di testa quando cammino per strada e ci sono tante macchine, ma mi sento meglio quando d’inverno vado al mare e sono avvolta dal profumo della salsedine e dal suono delle onde, oppure quando vado in montagna e respiro aria pulita. E in questi momenti penso a quanto mi piacerebbe se anche le città fossero verdi, profumate, pulite, naturali e a quanto vorrei avere dei momenti durante la giornata per fermarmi e contemplare quello che ho attorno, passare del tempo con me stessa, con i miei amici, con la mia famiglia, ridendo, ascoltando, guardando, vivendo a pieno tutte le mie sensazioni ed emozioni. 

Mi viene da pensare che forse, in questo rovescio capitalista, l’uomo non riesce a stare al passo con la natura: è evidente la differenza di velocità tra l’industria, le macchine e la calma della natura. Allora se io e il mio amico sentiamo di star rincorrendo la vita e non di viverla, se non ci sentiamo abbastanza o al passo con ciò che ci circonda, forse non è colpa nostra, ma di un artificio frettoloso che abbiamo costruito sopra la calma della natura. 

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4 Commenti. Nuovo commento

  • Cara Maria conosci il proverbio “chi dorme non piglia pesci” ? Siamo stati condizionati a pensare che l’ozio sia tempo perso. Ci hanno fatto credere che il nostro valore dipendesse da ciò che abbiamo o mostriamo. Questa tremenda menzogna ci ha condotto a vivere come automi, a fare, fare, fare con l’unico obiettivo di alimentare l’industria del consumo. A farci sentire inadeguati o peggio sbagliati se ci sottraiamo alla dittatura dell’economia. Niente di più falso!!! PRENDIAMOCI del tempo, rallentiamo, nutriamo anche l’anima leggendo, viaggiando o anche semplicemente passeggiando nel silenzio. In ascolto solo della natura e dei nostri pensieri. Tutto questo è rigenerante, tutto questo è vita! E, come dicono i giapponesi “INEMURI”.
    Grazie per le tue riflessioni.

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    • Ciao Meri,
      grazie per il tuo commento. Esatto, la nostra società ci induce a pensare che qualunque attività non produttiva sia una perdita di tempo, facendoci anche sentire in colpa quando ci dedichiamo ad hobby, passeggiate, lettura ecc. Dobbiamo impegnarci ad uscire da questa mentalità, come individui e come società, insieme. Grazie e a presto!

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  • Maria sono perfettamente d’accordo con te. Spesso, quasi sempre, dopo una giornata intensa di lavoro, sento un vuoto strano, non capisco, ma è come se avessi tralasciato qualcosa, poi mi soffermo a pensare e capisco di aver tralasciato me stessa, di aver perso un’ altra giornata di sole, mi ricordo di una telefonata non fatta. Farò tesoro delle tue riflessioni. Grazie

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    • Ciao Lorenza,
      grazie per il tuo commento. Ti capisco, anche a me capita, ma non dobbiamo dimenticarci di noi stesse. La vita non è solo lavoro, è tanto altro, ci sono tante emozioni che possiamo provare e non dobbiamo metterle da parte. Come ci prendiamo cura degli altri, dobbiamo avere cura della nostra persona, anche noi abbiamo bisogno di noi stesse. Grazie e a presto!

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