LUCIA CAPUTO

Ciao, mi chiamo Lucia e ho 26 anni. Sono pugliese di origini, emiliana di adozione. Ho conseguito la laurea triennale in Lettere presso l’Università degli studi di Ferrara e la laurea magistrale in Filologia, letteratura e tradizione classica presso l’Alma Mater Studiorum di Bologna.

Sono un aspirante docente con pregresse esperienze nel mondo della scuola, che alimentano la mia passione per la trasmissione del sapere e della conoscenza. Da circa un anno scrivo per una testata giornalistica, dove mi diverto ad esplorare temi che spaziano dall’attualità alla cultura, cercando costantemente nuovi spunti di riflessione.

Nel mio tempo libero sono una content food creator e tante altre cose, spasmodicamente in cerca di ispirazione e nuovi stimoli. Mi piace organizzare e moderare eventi, un’attività che mi consente di fondere creatività, emozioni e connessioni. Scrivere per me è un modo per liberarmi dal superfluo. Se mi leggerai, sappi che non è mai come ti aspetti…

Il valore della fragilità: dal mito della performance alla libertà di fallire.

In un’epoca che sembra idolatrare la produttività, il successo visibile, e l’autosufficienza, la fragilità dell’esistenza umana si presenta come un concetto fuori luogo, quasi obsoleto. La società post-moderna, dominata dalla logica della competitività incessante, sembra aver smarrito il valore della fragilità come condizione esistenziale. Dietro alla fuggevole idea di perfezione, tuttavia, si cela una profonda tensione: da un lato l’individuo è continuamente alla ricerca della versione migliore di se stesso, dall’altro si scopre impotente di fronte ad un’inquietudine che cresce in misura proporzionale allo sforzo di raggiungere l’irraggiungibile. Questo conflitto richiama Il cosiddetto “paradosso della grandezza e della miseria” descritto da Blaise Pascal, secondo cui l’essere umano è sospeso tra il nulla e l’infinito. Tale condizione si traduce nell’atto pratico in un costante sospeso tra il desiderio di voler essere altro da sé e la realtà. L’esigenza di adattarsi ad una società che premia l’efficienza e l’auto-espressione perfetta, rischia di offuscare il bisogno primario di introspezione e accettazione dell’errore.

Nessuno si salva da solo

In un mondo segnato da incertezze e pressioni sociali, il suicidio rappresenta un’emergenza sanitaria, sociale e culturale in crescita. Solo attraverso sensibilizzazione, educazione emotiva e interventi concreti è possibile salvare vite e cambiare la percezione del disagio psicologico.

Amare s’impara: verso una nuova educazione sentimentale

Per molte generazioni, la prima vera educazione sentimentale si è consumata davanti allo schermo del televisore. Abbiamo appreso l’amore attraverso passioni travolgenti e sofferenze struggenti, introiettando un modello relazionale idealizzato e tossico. La cultura pop ci ha regalato sogni e lacrime ma oggi più che mai è urgente ripensare l’educazione sentimentale come una pratica individuale e collettiva, capace di nutrire il linguaggio e le relazioni e permeare le nostre abitudini quotidiane. Attraverso questa rinnovata consapevolezza affettiva è possibile riscoprire la nostra unicità, prenderci cura della nostra intimità, attraversare le nostre zone d’ombra e provare a dare forma al magma emotivo di paure, desideri e conflitti che ci abita.

Il revival dei pantaloni a vita bassa: tra nostalgia, polemiche e reinterpretazioni

“La moda passa, lo stile resta” diceva Coco Chanel. Ma cosa accade quando un capo controverso torna a farsi spazio? I pantaloni a vita bassa, simbolo estetico dei primi anni 2000, fanno capolino sulle passerelle, nei guardaroba e nel dibattito pubblico. Tra nostalgia, critiche e nuove chiavi di lettura, il loro revival segna un vero cambiamento di rotta.