Eris. Chi è o che cos’è, è difficile a dirsi. Partiamo dalla definizione etimologica:  ἔρις (éris),  in greco antico, significa contesa, discordia, lite o rivalità; la radice proto-indoeuropea **wers- o wer-, indica, invece, “confusione”, “agitazione” o “mischia” (da cui derivano anche parole come “war” in inglese). Eris, in italiano anche Eride, a partire da un concetto più o meno chiaro (quello del conflitto), diviene personificazione della discordia, precisamente la dea della Discordia.

Come Eris sia entrata a far parte della mitologia classica, lo spiegano i Canti Ciprii (in latino Cypria), un poema epico perduto dell’antica Grecia, attribuito tradizionalmente a Stasino di Cipro (da cui il nome), anche se alcuni lo attribuiscono a Esiodo o Omero. I Canti Ciprii precedono cronologicamente l’Iliade e raccontano gli eventi che portarono alla guerra, inclusa una serie di eventi: la Nozze di Peleo e Teti, il giudizio di Paride e la mela della discordia. Nello specifico, nei Kypria, Eris è la divinità della discordia che, non invitata al banchetto nuziale di Peleo e Teti, lancia una mela d’oro sul tavolo del banchetto con l’iscrizione “τῇ καλλίστῃ” (tè kallìste = “alla più bella”).  Questo gesto scatena la celebre disputa tra Era, Atena e Afrodite, che verrà risolta dal giudizio di Paride. Inizialmente, la scelta spettava a Zeus, ma il dio degli dei, per evitare di scatenare le ire delle dee “perdenti” in eterno, affida il compito a un mortale: Paride, figlio di Priamo. Atena gli promise l’imbattibilità, Era la ricchezza, mentre Afrodite la donna più bella, che ai quei tempi era Elena, moglie di Menelao, re di Sparta. Paride, come si sa, scelse Afrodite, determinando l’inizio della guerra di Troia.

La grande guerra (espressione quasi novecentesca, oserei dire) di cui si anticipa nei Canti Ciprii è la medesima cantata da Omero: la guerra di Troia. Particolarmente interessante è la definizione iliadica di Eris che aleggia nei campi di battaglia, nel IV libro dell’Iliade, ai versi 439 – 445:

“spronò gli uni Ares, gli altri Atena dagli occhi azzurri

e Spavento e Terrore e Eris che senza posa infuria,

sorella e compagna di Ares uccisore di uomini,

colei che dapprima si leva un poco ma poi

punta la testa contro il cielo e incede sopra la terra:

fra di loro anche allora gettò un’ira funesta

aggirandosi tra la folla, alimentando il pianto degli uomini.

Anzitutto, la traduzione è ripresa da uno straordinario contributo di Filippomaria Pontani “Eris ultima dea” appartenente al volume di Camerotto/Pontani “Eris: Archeologia del conflitto” (di cui consiglio vivamente la lettura); Eris è qui riportata come una figura divina sanguinosa, pronta ad alimentare le già significative sofferenze degli uomini: è, più semplicemente, la matrice originaria di un conflitto o meglio, di una guerra pronta a esplodere. D’altra parte, se Omero bolla Eride come personalità bellica e furiosa, il buon Esiodo prova a riabilitarne alcuni tratti.

Nella Teogonia, celebre opera esiodea che tratta dell’origine e della genealogia di tutte le divinità, Eris è figlia di Notte, come si legge ai versi  211 e ss. : “E generò anche Nemesi, sciagura per i mortali; la tetra Notte, e dopo di lei l’Inganno, l’Amicizia, la Vecchiaia rovinosa, Eris dal cuore violento”.  Tuttavia, Esiodo rettifica l’innata violenza di Eris in un’altra celebre opera: Opere e Giorni.  Per l’appunto, Opere e giorni è l’opera che rende Esiodo, a mio parere, molto più vicino a noi comuni mortali di quanto non lo sia il “grande Omero” (o chi per lui):  è un poema greco antico che mescola consigli pratici, racconti mitologici e riflessioni morali. Scritto in versi, è una sorta di manuale per vivere bene e con giustizia. Nel corso del “racconto”, Esiodo si rivolge al fratello Perse, spiegandogli come lavorare, rispettare gli dei e affrontare le difficoltà della vita. Il poeta ricorda, inoltre, la tendenza del fratello a seguire la Eris cattiva (cioè la tendenza a una contesa per la spartizione del patrimonio, in termini conflittuali), nonostante, tuttavia, la dea abbia un‘altra natura, oltre quella violenta. La personificazione della “discordia” omerica – Esiodo preferisce chiamarla “Contesa” –  può divenire uno stimolo  per gli uomini, spingendoli a superare i propri limiti e permettendo loro di conseguire risultati che la loro innata pigrizia renderebbe irraggiungibili, nella forma della competizione.

Come si nota, la situazione è complessa, sin dagli albori della letteratura greca. Tuttavia, cosa possiamo cogliere da questo insegnamento “classico”? Forse, si potrebbe propendere per un punto di vista “diplomatico”, come quello esiodeo: cogliere l’effettiva presenza di Eris in tutte le dispute e i conflitti interpersonali e intrapersonali ma comprendere come un’analisi del conflitto possa portare a una soluzione pacifica, a un sano confronto con l’altro che garantisca comprensione e pace.

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