Ci hanno insegnato ad amare come si ama nei film, ma la realtà dell’amore è ben diversa.
Per molte generazioni, la prima vera educazione sentimentale non è avvenuta tra i banchi di scuola, né tra le mura domestiche. Si è consumata davanti a uno schermo, quello del televisore. È davanti a quello schermo che abbiamo “imparato” ad amare, tra passioni travolgenti e sofferenze struggenti, interiorizzando un modello d’amore totalizzante e talvolta distruttivo. Tre metri sopra il cielo, cult generazionale per gli adolescenti italiani dei primi anni 2000, è un esempio paradigmatico di amore adolescenziale idealizzato, romantico e tossico. Narrando la storia d’amore tra due opposti – la “brava ragazza” e il “bello e dannato” – ci ha proposto un ideale romantico intriso di eccessi emotivi: litigi, gelosie, pianti disperati e corse in moto. Un amore impulsivo e totalizzante, che consuma invece di costruire, ci ha indotto a credere che il dolore fosse una componente necessaria del sentimento e che la sofferenza ne misurasse la profondità. La cultura pop ci ha regalato sogni e lacrime, ma oggi più che mai è necessario altro. Serve una nuova educazione sentimentale in grado di insegnare che l’amore è una pratica intenzionale, un processo che si costruisce nel tempo e che si fonda sulla responsabilità affettiva. Occorre un linguaggio rinnovato che educhi alla consapevolezza dell’impatto emotivo delle nostre parole e dei nostri gesti. Un percorso che ci aiuti a discernere tra bisogno emotivo e scelta, e che ci insegni che amare non significa colmare il vuoto che ci portiamo dentro, né cercare nell’altro la “metà della mela” che ci completi. Amare non significa possedere, ma saper vedere l’altro nella sua interezza, senza il desiderio di cambiarlo.
Erotica dei sentimenti: per una nuova educazione sentimentale – il contributo di Maura Gancitano
Il tema è al centro del libro Erotica dei sentimenti per una nuova educazione sentimentale della filosofa, scrittrice e divulgatrice Maura Gancitano. L’autrice esorta a considerare l’educazione sentimentale come una pratica personale, legata alla “grammatica della cura”, alla propria intimità e alla capacità di ascoltarsi e di orientarsi nel proprio mondo emotivo. Non si tratta, infatti, di un decalogo di regole prestabilite, una procedura standardizzata uguale per tutti, né di una verità assoluta e assolutizzata, ma di un’esperienza che parte dall’analisi dei condizionamenti familiari, sociali e culturali interiorizzati e dei bias cognitivi che influenzano il nostro modo di relazionarci. Ci consente di riscoprire la nostra unicità, di coltivare la cura della nostra intimità non come atto egoistico, ma come premessa indispensabile per incontrare l’altro. L’educazione sentimentale è una domanda aperta, un esercizio di sospensione di giudizio, un percorso che si co-costruisce nel tentativo di dare forma al magma emotivo di paure, desideri e conflitti che ci abita. Richiede un lavoro quotidiano di riflessione e confronto, un esercizio costante attraverso cui imparare a vivere le relazioni in modo consapevole e responsabile. Solo così è possibile diventare adulti capaci di amare senza annullarsi, e di condividere senza possedere.
Una sfida sociale e culturale
Uno degli ostacoli più grandi alla diffusione di una nuova educazione sentimentale è la percezione che si tratti di un concetto vago, ambiguo, persino sospetto. Ognuno di noi ha un’idea diversa di cosa significhi amare, plasmata da valori personali, esperienze soggettive e contesti socio-culturali eterogenei. Di conseguenza, il concetto di educazione sentimentale finisce per ridursi a uno slogan, una scorciatoia retorica, una soluzione generalista per affrontare un problema complesso e profondamente radicato nel tessuto sociale. In assenza di un confronto aperto, plurale e cooperativo il dibattito rischia di restare frammentato e polarizzato e l’educazione sentimentale di essere percepita come qualcosa di distante dalla realtà concreta e dai vissuti personali. Oggi più che mai è necessario portare questo tema al centro del dibattito pubblico con apertura al confronto, e con un approccio in grado di attraversare le contraddizioni dell’essere umano, accogliere la complessità delle emozioni, restituire dignità alle pulsioni ed esplorare le zone d’ombra che per pudore o paura, tendiamo ad evitare. Occuparsi di educazione sentimentale significa riconoscere che si tratta di una responsabilità collettiva, che deve nutrire le relazioni e permeare le pratiche quotidiane di ogni contesto educativo e sociale, un impegno condiviso di cui tutti, in modo diverso, siamo chiamati a farci carico.